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Il latte fa crescere… l’export in Cina!

“Bevi il latte, così cresci!” è la frase che per decenni ha accompagnato numerose generazioni di bambini occidentali che oggi, però, ormai adulti, tendono a disdegnare il consumo di questa bevanda. In Italia, il 2018 è stato infatti contraddistinto da una flessione dei consumi interni - che ormai perdura da anni - pari al 3,8%, e la situazione non è molto diversa in tanti altri Paesi occidentali. Questo tracollo è stato causato in buona parte dalla cosiddetta polemica “anti-milk”, una vera e propria demonizzazione dei prodotti lattiero-caseari che ha inciso sull’opinione pubblica dal punto di vista nutrizionale, etico e sociale, in aggiunta ai cambiamenti alimentari, come l’abbandono della colazione o il maggiore consumo di prodotti a base vegetale che si propongono come alternative al latte. 

Se in Occidente i consumi di latte e derivati sono dunque in flessione, al contrario, è in Oriente, e soprattutto in Cina, che si sta verificando un vero e proprio boom. Il consumo di latte in Cina, fino agli anni 60’ era trascurabile, ma il crescente benessere ne ha comportato un aumento di 25 volte negli ultimi 50 anni. La continua, rapida crescita dei consumi lascia prevedere che, al ritmo attuale, nel 2050 il Paese asiatico avrà bisogno di oltre tre volte la quantità prodotta nel 2010. D’altronde, le nuove indicazioni nutrizionali consigliano di consumare un equivalente di 300 grammi di latte al giorno, cioè tre volte il consumo attuale. Però anche altri fattori influenzano questa tendenza, come ad esempio l’aumento del potere d’acquisto e soprattutto l’occidentalizzazione degli stili di vita che ha portato l'abbiente classe media orientale ad imitare i nostri comportamenti, anche quelli alimentari,  nonostante oggi, come evidenziato sopra, si siano modificati. 

Ma non è soltanto il latte ad essere sempre più apprezzato. Pensiamo ad esempio alla crescita dei consumi di formaggio, che è passata dal 15% nel 2015 al 25% nel 2017. Secondo una ricerca Mintel, le vendite di formaggio al dettaglio aumenteranno in media del 13% all’anno fino al 2021. Eppure in Cina fino agli anni ’80 praticamente non si consumavano formaggi, che erano considerati prodotti di lusso esotici. L’arrivo delle catene di fast food, l’aumento del reddito familiare ed i nuovi stili di consumo nelle città hanno cambiato tutto, ed i prodotti lattiero caseari sono presto stati percepiti dai più giovani come sinonimo di benessere e salute alimentare. La fascia compresa tra i 20-29 anni rappresenta il 47% dei consumatori di formaggio, mozzarella ed erborinati sono le tipologie più conosciute, pizza e cheesecake i piatti preferiti. Diverse scuole elementari di Shanghai includono formaggio nelle mense ed il consumo dei bimbi rappresenta il 55% del totale. Non per nulla, su 113 prodotti a base di formaggio lanciati sul mercato negli ultimi 3 anni, il 42% era rivolto ai bambini. Bisogna comunque considerare che i consumatori cinesi tendono ad identificare i prodotti con la loro percezione del Paese da cui questi provengono e che la loro sensibilità e conoscenza aumenta grazie ai viaggi ed ai soggiorni di studio compiuti all’estero. L’origine rappresenta poi un fattore altrettanto importante per catturare nuovi consumatori. Dunque, se per il formaggio il mercato cinese rappresenta un notevole potenziale, occorre più che mai dare certezza sulla qualità dei prodotti, sulle azioni e politiche promozionali e commerciali. 

Anche lo yogurt è un prodotto che dal 2010 cresce costantemente di oltre il 10% all’anno, con prezzi che dal 2012 al 2014 sono aumentati regolarmente del 13,5% all’anno. L’introduzione sul mercato negli anni ’90 dello yogurt in vasetti che ha soppiantato quello nei contenitori in vetro, ha contribuito a diffonderne i consumi, che sono poi via via aumentati con i prodotti aromatizzati, quelli alla frutta ed i probiotici, ritenuti essere benefici per la salute, fino a raggiungere un valore globale di mercato nel 2017 pari a 17 miliardi di dollari.
Se il latte è consumato per le sue proprietà nutrizionali e perché adatto ai bambini, lo yogurt è scelto non solo per il contenuto di fermenti lattici, ma per il fatto che oltre il 90% dei cinesi è intollerante al lattosio e dunque con esso possono essere mitigate le possibili reazioni allergiche. Inoltre, il consumo di yogurt viene raccomandato nell’attività sportiva, per i benefici sulla massa scheletrica e per lo sviluppo muscolare. Per tale ragione, gli operatori del settore hanno puntato sempre più sull’innovazione di prodotto, soprattutto mirata agli aspetti salutistici, che rappresentano un’attrattiva sempre più importante per i consumatori. Ovviamente deve rispondere anche alle mode di consumo: questo spiega il successo dello yogurt da bere, le cui vendite sono cresciute del 62% nel periodo 2011-2016 ed il cui valore si stima arriverà a 10 miliardi di dollari nel 2021.

Sebbene l’industria nazionale cinese si stia attrezzando per fare fronte a questa aumentata domanda di prodotti lattiero-caseari, ad oggi la produzione locale non ha tuttavia raggiunto livelli di auto-sufficienza e pertanto, il gigante asiatico rappresenta il maggior importatore di prodotti lattiero caseari al mondo, con un valore del mercato dairy che potrebbe sfiorare i 16 miliardi di dollari entro la fine del 2020.
Secondo CLAL, società leader nell’analisi del mercato lattiero caseario italiano ed internazionale,  fino a qualche mese fa era la Nuova Zelanda a posizionarsi in cima alla lista dei fornitori della Cina, ma a luglio 2019 l’Unione Europea, grazie alla tracciabilità e alla sicurezza alimentare delle proprie produzioni, la ha scavalcata in termini di valori esportati, sfiorando i tre miliardi di dollari nei primi sette mesi del 2019. Il buon andamento delle esportazioni europee è stato favorito anche dalle tensioni internazionali legate alla guerra commerciale fra Cina e Stati Uniti, anch’essi storici fornitori, che hanno penalizzato significativamente l’export americano. 

I principali esportatori europei sono Germania e Francia, ma molto positivo è anche l’andamento dell’export Made in Italy, che dal 2017 al 2018 è aumentato del 47,8%, per un valore economico pari al 35% in più che lascia soltanto intuire quanto ampi possano essere i margini di miglioramento. 

Peraltro, è da sottolineare che i prodotti importati sono considerati di miglior qualità dal punto di vista dei controlli igienico-sanitari rispetto a quelli cinesi, e dunque il mercato risulta ancora più interessante per i nostri produttori che dovranno tuttavia mostrarsi capaci di intercettare i trend settoriali di questo mercato in continua ascesa. 
In primis, bisognerà tenere a mente che i consumatori asiatici, soprattutto dopo lo scandalo legato alla presenza di melamina nel latte in polvere per neonati che imperversò in Cina nel 2008, sono oggi  molto più attenti alla salubrità degli alimenti ed agli aspetti salutistici, ma anche alla shelf life e ad avere porzioni singole per i bambini.

Inoltre, non va dimenticato che sebbene nel continente asiatico resti fondamentale il ruolo dei negozi tradizionali, nel commercio al dettaglio dei prodotti alimentari si stanno diffondendo anche altre forme di distribuzione. Ad esempio per gli ipermercati, che in Europa hanno indici di vendita stagnanti, è prevista una crescita annua del 3.5 % fra il 2016 ed il 2021 grazie alla attrattività verso consumatori in cerca di nuove esperienze d’acquisto e di gamme di prodotti differenziate. Stanno rapidamente crescendo anche le vendite online, così come i convenience store e negli spazi commerciali vengono organizzate attività ed eventi come dimostrazioni di cucina, presentazioni dei prodotti e concorsi a premio per attrarre ed interessare i consumatori, utilizzando largamente i diversi social per diffondere le varie iniziative. 

Questo dinamismo comporta un impegno anche per i produttori, che dovranno continuamente adeguare i loro standard qualitativi, proporre innovazioni di prodotto ed essere coinvolgenti nella comunicazione aziendale.


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